Capitolo 42

– Pronto?
– Sono io, scusa per averti appeso il telefono in faccia. Da Geroldsgrün ti hanno detto che la pistola che ha ucciso Johnny Smuzdzak non è la stessa che ha ucciso il nostro amico Franz, vero?
– No, devo chiedere?
– Chi cazzo è il commissario io o tu?
– Provvederò. Dove ti trovo?
– All’albergo di Hof. Non prima delle 22. Devo anche tornare a Monaco. Piuttosto controlla un certo Paul Östertag. Non so se è il nostro uomo, ma al massimo ci dirà qualcosa di divertente. Ciao.
Riattacco.
Richiamo Marty.
– Pronto? Chi è?
– Quello di prima. Piuttosto, dobbiamo vederci tra poco.
– Quanto poco?
– Il tempo di arrivare in treno.
– Altro aperitivo al tramonto?
– Ok.
Già intravedo il sorriso di chi mi venderà i biglietti del treno. Grazie al cazzo che ridi, sto spendendo una fortuna. Spero tra poco finisca quest’odissea. La prossima volta che mi trovo con la merda al collo per un caso di omicidio, collegato a un altro caso di contrabbando di venticinque anni prima, in cui sono coinvolto, prendo l’aereo.
Questi sono i momenti in cui penso: dovrei farmi una birra. O una sigaretta.
Ho smesso di fumare quando tornai dalla Germania. Non ricordo se è stato più lo shock del rientro o il fatto che non trovavo più le stesse sigarette. No, sicuramente per i soldi.
– Un biglietto per Monaco.
– Già di ritorno? – mi fa sorridente.
– Eh.
Mio dio che mal di testa. Penso dormirò durante il viaggio.
Infatti.
Benvenuto a Monaco, povero cazzone.
Ora cerca di ricordarti cosa dirle.
“Brutta stronz…” uhm no, questo no…”Amor…”no. Sicuramente no.
– Ciao. Sei proprio sicura di avermi detto tutto quello che sai?
– Su cosa?
– Lo sai.
– Mio fratello?
– E il Black Vinyl.
– Mi hai scoperto. Come se fosse difficile, peraltro. I tatuaggi non sono l’unica cosa che sono riuscita a coprire, eh?
– Già. Ma dimmi, è perché tu sapevi che Paul fosse il nostro contatto che non hai mai partecipato alle consegne?
– Come?
– Ah perché non lo era?
I trucchi del mestiere funzionano.
– No! Ma davvero, io non sapevo niente, ci sarebbe voluto un veggente per capirlo.
– E quindi? Cosa mi nascondi di lui?
– Che ci spiava. Ci ha sempre spiato. Lui era a conoscenza di tutti gli scambi.
– E…
– Ed io ero il suo informatore.
Bang! Sangue freddo, ora.
– E perché lo facevi?
– Mi pagava. Dollari americani.
– Ci hai sputtanato per soldi? Sei davvero più stronza di quanto ricordassi.
– Ti ricordi fossi una stronza?
– No, davvero. Tieniti i tuoi dollari. Io sono un illuso, ma tu sei una stronza.
Minchia. Ora l’unico posto che so dove andare a farmi un buon drink è il bar della stazione. Ci devo andare. Ora.

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